The Session - La Recensione

La storia vera di Mark O'Brian, poeta e giornalista afflitto da poliomielite, che all'età di trentotto anni decide finalmente di perdere la sua verginità e conoscere più da vicino la sessualità, diventa materia cinematografica affidata al regista Ben Levin.

A impersonare i delicati panni del protagonista c’è un incantevole John Hawkes, bravissimo a calarsi nella parte di quest’uomo dalla vita più che complicata, condizionato da una malattia che dall'età di sei anni lo costringe a vivere all'interno di un macchinario particolare chiamato polmone d'acciaio, che artificialmente, di fatto, gli permette di respirare e di rimanere in vita. Vivere separato da questa apparecchiatura è possibile ma, a causa della paralisi che ha colpito Mark dal collo in giù, per lui significa muoversi su una barella a rotelle, trainata da una badante, su cui può restare al massimo per un periodo di tre o quattro ore per volta, prima che quel macchinario torni nuovamente indispensabile e motivo di sopravvivenza.

Ben Levin cerca più che altro di dipingere un immagine spessa e preziosa del soggetto del suo lavoro, tende ad evidenziare la sua allegria, gioiosità, il suo essere persona che, nonostante la tragedia inflitta dalla vita, a contatto con la gente non perde la capacità innata di meravigliare il prossimo, conquistandolo e avvalendosi, sempre, della sua immensa vitalità e inesauribile ironia. Il lavoro compiuto con le sedute sessuali (le The Session del titolo) presiedute dall'insegnate d'eccezione Helen Hunt entrano quindi in sordina, conquistandosi un posto di tutto rispetto quando la personalità e l'inesperienza di O'Brien fanno breccia anche su colei che professionalmente viene chiamata un surrogato sessuale, e, nel corso di formazione della disciplina, rimane stregata dal suo allievo instaurando con lui uno strano rapporto, assai distante se paragonato a quello di coppia ma assolutamente lontanissimo dal classico, e più comune, dottore-paziente.

"The Sessions" incide quindi soprattutto per merito dei suoi due protagonisti principali, a cui di diritto va ad aggiungersi un William H. Macy nelle vesti di un prete moderno e particolarissimo, con cui Mark si confessa liberamente di tutti i suoi dubbi e insicurezze riguardo la vita, l'amore e soprattutto il sesso. La capacità di gettare curiosità sull'argomento trattato - il sesso per disabili - e di colpire con il racconto emozionante di un uomo adulto, sensibilissimo e impaurito-incuriosito da un terreno per lui ancora sconosciuto, portano la pellicola a lasciare decisamente un cospicuo pezzo di sé allo spettatore.

Sebbene il lavoro di Ben Levin manchi perciò di uno sprint maggiore, che lo aiuti ad sollevarsi dal mucchio e a gridare a gran voce la sua potente esistenza, in questo modo, perlomeno, riesce a farsi notare e a durare, sorretto da una tematica singolarissima e rara al cinema.

Trailer:

Commenti

  1. film non perfetto.
    però il finale mi ha davvero commosso...

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  2. Gran bel film, la regia non fa scelte particolari ma ci pensano i protagonisti a entrarti nel cuore!

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