Manuale D'Amore 3 - La Recensione


Arrivati al terzo capitolo, il franchise creato da Giovanni VeronesiManuale D’Amore” pare non volersi più fermare. Il primo capitolo di questa che ormai possiamo tranquillamente chiamare saga, uscì nel lontano 2005 e già all’epoca giravano dei rumors su eventuali sequel e trilogie. Quello che ci si chiede è: perché, nonostante il secondo capitolo fosse abbastanza scadente, oggi siamo qui a parlare di un terzo? Io una mezza idea ce l’avrei. Tutto merito della furbesca ricetta messa in pratica dai produttori del film Luigi e Aurelio De Laurentiis, (gli stessi dei cinepanettoni), i quali conoscono benissimo i trucchi per non fallire al box office. Perciò è ovvio che tutti i capitoli di questi film per essere visti: non richiedono la visione del precedente ma anzi ne sono completamente estranei; vengono sempre infarciti con gli attori italiani più in voga del momento, e dulcis in fundo; trattano un argomento che attira sempre il pubblico: l’amore. E visto che non ci facciamo mancare proprio niente, questa volta c’è anche un asso nella manica: la prestigiosa partecipazione della stella (al tramonto) Hollywoodiana Robert De Niro.

La struttura del film non ha niente di differente rispetto ai capitoli precedenti. Questa volta i tre episodi (non quattro come in passato) sono raccontati attraverso la fastidiosa voce fuori campo di Vittorio Emanuele Propizio nel ruolo di un improbabile tassista (a vent’ anni?).
Nel primo episodio, Giovinezza: Roberto (Riccardo Scamarcio), un aspirante avvocato di successo, è innamorato pazzo di Sara (Valeria Solarino). Lui sogna di sposarla, ma durante un breve viaggio di lavoro in Toscana l’incontro con la bellissima Micol (Laura Chiatti) confonderà le sue idee.
Nel secondo, Maturità: Fabio (Carlo Verdone), è un giornalista affermato. Sposato e con una figlia, non ha mai tradito la propria moglie. Ad una serata di gala, però, viene letteralmente travolto dall’incontro con Eliana (Donatella Finocchiaro) che in poco tempo sconvolgerà completamente la sua vita.
Nell’ultimo, …Oltre: Adrian (Robert De Niro), è un professore americano trasferitosi a Roma dopo la pensione. Separatosi dalla moglie, non ha più avuto alcuna relazione con le donne. Ma il ritorno in città di Viola (Monica Bellucci), la figlia del portiere Augusto (Michele Placido) con cui Adrian ha anche stretto un ottimo rapporto d’amicizia, gli farà cambiare idea.

Paragonato a questo, il secondo capitolo della saga, che qualche riga più su ho definito scadente, diventa un capolavoro! Siamo di fronte alla banalità e alla retorica più assoluta, per non parlare di Carlo Verdone, oramai rinchiuso ad interpretare continuamente lo stesso personaggio cambiandone solo le vesti. Stesse smorfie, stesse reazioni, stesse scene equivoche (già viste sia nei suoi film, sia nei film precedenti di Veronesi -vedi “Italians”-). E’ un po’ che lo dico, sarebbe meglio se si limitasse a fare esclusivamente il regista se questo ormai è il massimo che può dare come attore. Nel suo episodio i meriti, se proprio vogliamo darli a qualcuno, possono andare solamente alla bellissima e bravissima Donatella Finocchiaro. Per il resto, anche registicamente, il lavoro è stato abbastanza scarso.

Veniamo subito invece all’episodio più atteso, quello che vedeva protagonista Bob De Niro. Dal trailer sembrava parecchio svogliato l’ex Toro Scatenato, ma nel film, però, devo dire che il risultato è stato molto più convincente del previsto. Complice un’ottima spalla come quella di Michele Placido, (anche lui bravino) Mr. De Niro riesce a strappare anche qualche risatina quando si mostra in quelle meravigliose smorfie che ormai sono diventate un suo marchio di fabbrica. Tra l'altro è stato impressionante sentirlo recitare con un italiano molto fluente e con pochissime sbavature, peccato vederlo sprecato in un film come questo.

Mi duole dover spendere, invece, parole (quasi) positive a
favore dell’episodio con Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti. Quella che apparentemente doveva essere la storia più scadente, non solo si è rivelata la migliore delle tre, soprattutto a livello registico ma è pure l'unica ad avere un senso. Magari lo sapeva Veronesi che il film che aveva tra le mani era pessimo, ma visto che si andava nella sua terra, la Toscana, non voleva di certo far brutta figura. Così, nonostante le corse delle macchine (e non) nei suoi film non rappresentino certo una novità (ri-vedi “Italians”), riesce almeno a dare un pò di ritmo a una pellicola che dopo si assopirà quasi completamente, trattando anche discretamente un argomento come il passaggio dalla giovinezza all'età adulta.

Non c’era un vero pretesto per tornare con un nuovo “Manuale D’Amore”, infatti stavolta si è davvero raschiato il fondo. Trovo Veronesi un bravissimo regista ma la sua anima commerciale lo sta portando alla rovina. La cosa che mi spaventa di più è sapere che in cantiere ci sono almeno altri due manuali in arrivo.

Trailer:

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