Real Steel - La Recensione

Charlie Kenton (Hugh Jackman) è un ex-pugile di successo messo all’angolo con l’avvento degli incontri tra Robot, molto più violenti e spietati di quelli tra umani. Adeguatosi al mercato, si guadagna da vivere mettendo a disposizione i suoi robot da combattimento in strambi incontri per cui viene pagato anche abbastanza profumatamente. Il suo carattere troppo impulsivo però non lo aiuta a stare lontano dai guai e quindi dagli enormi debiti a cui deve fare fronte in seguito alle tante scommesse perse. Un giorno viene informato della scomparsa della sua ex-ragazza e chiamato in tribunale per sistemare l’affidamento di Max (un dolcissimo e bravissimo Dakota Goyo), il figlioletto di undici anni di cui non si è mai preso cura e non ha mai voluto sapere notizie. Resosi conto del grande desiderio da parte della sorella della sua ex di adottare il piccolo, Charlie pensa allora di trovare un accordo segreto col compagno di lei e vendere l’adozione di Max in cambio di centomila dollari. La sua proposta verrà accettata ma una clausola dell’accordo prevederà che il piccoletto passi l’intera estate insieme a suo padre.

Prodotto dalla DreamWorks e distribuito dalla Disney, due marchi che tendono spesso a viaggiare in parallelo ma che stavolta provano a prendersi per mano, “Real Steel” si presenta come il classico prodotto per famiglie in grado di restituire al pubblico esattamente quello che aveva promesso in partenza. Strutturato in maniera del tutto classica e schematizzata, il film di Shawn Levy non sorprende minimamente per originalità e si va a rintanare in rifugi più che sicuri senza rischiare mai nulla a livello narrativo e risultando man mano sempre più prevedibile. La sua mancata sfrontatezza però non gli impedisce di raggiungere comunque un risultato complessivo più che accettabile. Se gli si perdonano alcuni momenti un po’ troppo faciloni e discutibili nella prima parte della storia infatti il resto della pellicola si potrebbe dire viaggi quasi da solo, utilizzando un andatura costante da pilota automatico e dispensando momenti simpatici, divertenti e testosteronici prima di catalizzarci verso il più intramontabile lieto fine, con lacrimuccia al seguito, targato Disney.

Come è stato per “Transformers”, anche questa volta tra i nomi dei produttori è impossibile lasciarsi sfuggire quello di Steven Spielberg. Quel furbacchione di Steven deve aver capito benissimo quanto questi esserini meccanici attualmente attirino il pubblico in sala e sembra non voler farsi sfuggire alcun plot che li contenga. “Real Steel” è il tipico prodotto privo di rischi in partenza, forte di una presenza maschile di grande attrazione come Hugh Jackman e di una storia architettata per andare a toccare vari elementi in grado di avvicinare diverse categorie di pubblico.

Complessivamente nulla di eccezionale è vero, eppure questo genere di operazioni ancora oggi sanno fare benissimo il loro lavoro. Non ci sarà nessuno infatti, dopo aver visto il film, capace di criticarne il risultato. Sarà più semplice sorridere e convincersi che a volte bisogna avere il coraggio di pagare il biglietto senza avere la falsa pretesa di doversi impegnare troppo, perché in fondo il cinema è anche evasione, mentale e leggera.

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