Tomboy - La Recensione

Criticare il cinema francese è uno sport ormai in via di estinzione, specie negli ultimi anni in cui l’industria filmica dei nostri antipatici cugini ha surclassato sapientemente quella del nostro paese sia per quantità che per qualità. Ma nonostante ciò, ancora oggi, quando un film francese sbarca in Italia, nei suoi confronti c’è ancora quella stessa perplessità di sempre, figlia di una cultura particolarmente chiusa e continuamente disinteressata a nuove correnti.

Andare controcorrente allora diventa l'unico rimedio per potersi scrollare di dosso quei stupidi pregiudizi e scoprire magari quelle opere eccellenti che, in altri casi altrimenti, sarebbero rimaste sconosciute in eterno. Un vero peccato, specie se a rimetterci potrebbero essere dei veri e propri gioiellini come "Tomboy", delicatissima storia sulla scoperta della sessualità di una ragazzina in piena fase pre-adolescenziale che, appena trasferita in una nuova città con la sua famiglia, inizia a farsi delle nuove amicizie presentandosi a tutti quanti come fosse maschio.

Analizzare il contrasto con la propria sessualità di una ragazzina di appena dieci anni poteva apparire in principio una tematica molto difficile sulla carta, ma fortunatamente sia una sceneggiatura attenta che una regia solida, eseguite entrambe da Céline Sciamma, forniscono alla struttura di questa pellicola la giusta via per il corretto trattamento, senza mai incappare in alcuna ostentazione. Il voler essere Mickaël, e andare quindi contro natura, non è affatto per Laurie (Zoé Héran) una scelta definita da un motivo ben preciso; ma quasi un gioco intrapreso a causa di un suo volere temporaneo. La gestione della parte però, come prevedibile, gli sfugge presto di mano minando i rapporti con i suoi nuovi compagni e portandola inaspettatamente anche a un accenno di relazione sentimentale con l’amica Lisa. Troppe vittime per una sciocchezza nata da un passatempo innocente, cresciuta a dismisura fino a diventare di infattibile controllo e quindi destinata a passare nelle mani di persone più competenti in materia.

E' con grandissimo stupore allora che "Tomboy" si trasforma lentamente in quella sorpresa inaspettata e molto gradita, offrendo al proprio pubblico dei momenti intimi spesso complicati ma dai risultati dolcissimi e disarmanti. Lo splendido rapporto tra Laurie e la sua sorellina più piccola Jeanne è dipinto con una purezza unica, tanto potente da diventare l'unico elemento capace di trasformare a tutti gli effetti Mickaël in una persona reale. Una magia che termina appena dopo essersi rivelata, riportando la favola di Laure alla più corretta e intelligente conclusione possibile.

La realtà è che il cinema francese, ingiustamente bistrattato, è avanti anni luce da quello nostrano. Da tempo ormai tra i suoi titoli è possibile pescare dei lavori di ottimo livello e, per di più, anche rovistando tra generi diversi. Se questa non è evoluzione allora non saprei come definirla. Gli scettici intanto sono pregati di aprire gli occhi.

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