Boris: Il Film - La Recensione

Prodotta da Wilder e trasmessa per la prima volta in TV da FOX nel 2007, “Boris – La Fuori Serie Italiana” arriva finalmente sul grande schermo. Dopo aver mostrato per tre stagioni i meccanismi assurdi e corrotti dell’industria televisiva italiana grazie ai “dietro le quinte” di fiction fittizie come “Gli Occhi del Cuore 2”, “Gli Occhi del Cuore 3” e “Medical Dimension” è giunta l’ora di smascherare anche tutto il marcio che gira intorno al nostro cinema, e magari non solo quello.

Il regista Renè Ferretti (Francesco Pannofino), stanco dei continui compromessi a cui deve sempre soccombere, si ribella alla rete e molla il set della fiction “Il Giovane Ratzinger”. Allontanato dall’ambiente e senza un soldo in tasca avrà l’opportunità di riscattarsi con un progetto cinematografico molto importante: un film d’autore tratto dal best seller “La Casta” di Rizzo e Stella.

Scritto e diretto a sei mani da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo (i sceneggiatori della Serie TV) “Boris: Il Film” non è affatto un’episodio televisivo esteso per portare la serie TV al cinema come forse era lecito aspettarsi, non è neanche legato ad essa: visto che non è necessario averla vista per vedere questo film. "Boris: Il Film" è una falsa commedia, un’affresco sul nostro paese, sulla nostra società e sulla nostra industria cinematografica da tempo in crisi.

Il passaggio dalla televisione al cinema, com’era prevedibile, non fa altro che amplificare notevolmente tutto il grottesco e l’incredibile, già visto precedentemente nella serie, esponendolo totalmente all’ennesima potenza. Così ci troviamo di fronte a sceneggiatori che sfruttano segretamente giovani aspiranti tali, divi che hanno sempre almeno un problema con gli stupefacenti, attrici stimatissime ma impossibili da gestire (splendida la parodia a Margherita Buy), società di casting che vendono i propri attori in pacchetti 2x1 (uno bravo e una cagna!), direttori della fotografia presuntuosi alternati ad altri incapaci e cocainomani e anche produttori pro-cinepanettoni e no-film d’autore, insomma un vero e proprio quadro negativo del nostro bel cinema italiano.

Ma a fare più male è il quadro terribile riguardante la nostra società. Immagini di multiplex ridotti a proiettare un fittizio “Natale al Polo Nord” in tre/quattro sale sempre strapiene di persone che ridono a crepapelle, comici vittime dei propri tormentoni, spesso volgari, costretti a ripeterli all’infinito (vedi Martellone) per poter continuare ad avere una carriera.

Alla fine, più che arrivare a fare il verso ai cinepanettoni, si arriva quasi a giustificarli come unica fonte di espressione possibile ad oggi nel nostro paese. Una fonte sicura di redditività, proprio perché è l'unica cosa che NOI vogliamo (o possiamo ?) vedere in questo momento, allontanando così sempre di più ogni altro tipo di genere possibile. Emblematica in questo caso la scena finale durante la proiezione del film “Natale con la Casta”, che mostra all'interno della sala una situazione raccapricciante tra il pubblico, ma che potrebbe anche avverarsi prima o poi: chi lo sa?

E quindi Boris arriva al cinema e si mette da parte, mette da parte (relativamente) i suoi protagonisti, mette da parte le loro splendide gag - dosandole accuratamente- (vedi Stanis), lo fa volontariamente per dare spazio ad un film di denuncia. Un film al quale bisogna dare il giusto peso (tanto), anche se a malincuore. Il risultato è -citando la battuta di Sergio (presente anche nel trailer)- un film alla “Gomorra”, in cui ce se capisce e nun ce se capisce: io purtroppo c’ho capito pure troppo!

Un horror che fa riflettere, non solo una commedia per divertirsi. Ad ogni risata c'è una ferita, e questo alla fine dei giochi lascia dentro un grande dispiacere misto al terrore, sia verso la nostra società, sia verso il nostro cinema: l'ultima scena di Renè è fin troppo chiara a riguardo.

Trailer:

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